lunedì 26 aprile 2010

Underworld - Don DeLillo

"Parla la tua lingua, l'americano, e c'è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza. È un giorno di scuola, naturalmente, ma lui non c'è proprio, in classe. Preferisce star qui, invece, all'ombra di questa specie di vecchia carcassa arrugginita, e non si può dargli torto – questa metropoli di acciaio, cemento e vernice scrostata, di erba tosata ed enormi pacchetti di Chesterfield di sghimbescio sui tabelloni segnapunti, con un paio di sigarette che sbucano da ciascuno. Sono i desideri su vasta scala a fare la storia. Lui è solo un ragazzo con una passione precisa, ma fa parte di una folla che si sta radunando, anonime migliaia scese da autobus e treni, gente che in strette colonne attraversa marciando il ponte girevole sul fiume, e sebbene non siano una migrazione o una rivoluzione, un vasto scossone dell'anima, si portano dietro il calore pulsante della grande città e i loro piccoli sogni e delusioni, quell'invisibile nonsoché che incombe sul giorno – uomini in cappello di feltro e marinai in franchigia, il ruzzolio distratto dei loro pensieri, mentre vanno alla partita."

"La palla non portava né fortuna né sfortuna. Era un oggetto che passava di mano. Ma spingeva la gente a raccontargli cose, confidargli segreti di famiglia e storie personali inconfessabili, a singhiozzare di cuore sulla sua spalla. Perché sapevano che lui era il loro, come dire, il loro strumento di sfogo.
Le loro storie avrebbero assunto un rilievo diverso, sarebbero state assorbite da qualcosa di più vasto, il lungo viaggio della palla stessa e l'assurda marcia di Marvin nel corso dei decenni."

"Dice che l'immondizia è la gemella del diavolo. Perché l'immondizia è la storia segreta, la storia che sta sotto, il modo in cui l'archeologo dissotterra la storia delle culture precedenti, ogni mucchio d'ossa e strumento rotto, letteralmente dissotterrato. [...] Tutti quei decenni, dice, in cui pensavamo in continuazione alle armi e mai alle scorie che si moltiplicavano in segreto."

domenica 25 aprile 2010

Due poesie di Elizabeth Barrett Browning

In quanti modi t'amo? Lascia che conti.
Ti amo nell'alto, nel vasto, nel profondo
cui l'anima si tende quando, sentendosi
non vista, si protende ai confini
dell'Essere e dell'Ideale Grazia. Ti amo
nel più modesto uso quotidiano, dal sole
alla candela. Come chi lotta per Giustizia
t'amo, libera. Come chi dagli onori fugga
t'amo, pura. Con la passione di antiche pene
t'amo e con puerile fede. Ti amo
con l'amore che credevo perduto coi miei
perduti santi, - ti amo col respiro, il riso,
i pianti di tutta la mia vita! - e, Dio
mi conforti, meglio ti amerò dopo la morte.

Se devi amarmi, per null'altro sia
se non che per amore.
Mai non dire:
"L'amo per il sorriso,
per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare
così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno".
Queste son tutte cose
che posson mutare,
Amato, in sé o per te, un amore
così sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto
chi ebbe a lungo
il tuo conforto, e perderti.
Soltanto per amore amami
e per sempre, per l'eternità.

sabato 17 aprile 2010

Tracy Chapman - Talkin bout a revolution

The James Taylor Quartet - The Theme From Starsky & Hutch

The Dubliners - Rocky Road to Dublin

Douglas Malloch - Sii il meglio di qualsiasi cosa tu sia

Se non puoi esser pino in cima alla collina,
sii pruno nella valle, ma sii sempre il più
bel cespuglietto accanto al ruscello;
se non puoi esser albero sii cespuglio.
Se non puoi esser cespuglio, sii dell'erba
e abbellisci come puoi la strada maestra;
se non puoi esser muschio, sii alga,
ma l'alga più graziosa del laghetto.
Non possiamo far tutti il comandante,
altrimenti la ciurma chi la fa?
C'e' qualcosa da fare per tutti.
Ci sono lavori grossi e altri meno
e ciascuno deve scegliersi il più adatto.
Se non puoi esser strada, sii sentiero,
se non puoi esser sole, sii una stella;
vincere o perdere
non ha a che vedere con la grandezza
ma bisogna essere al meglio quello che si è.

giovedì 15 aprile 2010

Etta James - I just wanna make love to you

Tutte le lettere d'amore - Fernando Pessoa

Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.

Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.

Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.

Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.

Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.

La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.

(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).

Kingston Trio - Greenback Dollar

Shostakovich - Jazz Suite No. 2

sabato 10 aprile 2010

Martin Buber - Estratti da "Il cammino dell'uomo"

“Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità delle vita che si è vissuta, l’esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento.”

“L’uomo non può sfuggire all’occhio di Dio ma, cercando di nascondersi a lui, si nasconde a se stesso. (…) Ed è proprio in questa situazione che lo coglie la domanda di Dio: vuole turbare l’uomo, distruggere il suo congegno di nascondimento, fargli vedere dove lo ha condotto una strada sbagliata, far nascere in lui un ardente desiderio di venirne fuori. (…) La sua vita resta priva di un cammino finchè egli non affronta la voce.”

“Con ogni uomo viene al mondo qualcosa che non è mai esistito, qualcosa di primo e unico. Ciascuno in Israele ha l’obbligo di riconoscere e considerare che lui è unico al mondo nel suo genere, e che al mondo non è mai esistito nessun uomo identico a lui. (…) Ogni uomo è cosa nuova nel mondo e deve portare a compimento la propria natura in questo mondo.”

“Siamo qui in presenza di un insegnamento che si basa sul fatto che gli uomini sono ineguali per natura e che pertanto non bisogna cercare di renderli uguali. Tutti gli uomini hanno accesso a Dio, ma ciascuno ha un accesso diverso. E’ infatti la diversità degli uomini, la differenziazione delle loro qualità e delle loro tendenze che costituisce la grande risorsa del genere umano. L’universalità di Dio consiste nella molteplicità infinita dei cammini che conducono a lui, ciascuno dei quali è riservato a un uomo. (…) Così il cammino attraverso il quale un uomo avrà accesso a Dio gli può essere indicato unicamente dalla conoscenza del proprio essere, la conoscenza della propria qualità e della propria tendenza essenziale”.

“L’uomo deve allontanarsi dalla natura solo per ritornarvi rinnovato e per trovare, nel contatto santificato con essa, il cammino verso Dio”.

“L’uomo che ha un’anima molteplice, complicata, contraddittoria non è ridotto all’impotenza: il nucleo più intimo di quest’anima – la forza divina che giace nella sua profondità – è in grado di agire su di essa e di trasformarla, può legare le une alle altre le forze in conflitto e fondere insieme gli elementi che tendono a separarsi, è in grado di unificarla. Questa unificazione deve prodursi prima che l’uomo intraprenda un’opera eccezionale. Solo con un’anima unificata sarà in grado di compierla in modo tale che il risultato non sia un rammendo ma un lavoro d’un sol getto.”

“Cominciare da se stessi, ma non finire con se stessi; prendersi come punto di partenza, ma non come meta; conoscersi, ma non preoccuparsi di sé.”

“Nessun incontro – con una cosa o una persona – che facciamo nel corso della nostra vita è privo di un significato segreto.”

“Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio.”

venerdì 9 aprile 2010

Cream - Sunshine of your love

Blood, Sweat and Tears - Spinning Wheel

Buffalo Springfield - For What It's Worth

Incipit de "Il danno" di Josephine Hart

Ho sempre pensato che il libro nel suo complesso fosse tutt'altro che un capolavoro... Ma qesto incipit è davvero bellissimo.

"C'è un paesaggio interiore, una geografia dell'anima; ne cerchiamo gli elementi per tutta la vita.
Chi è tanto fortunato da incontrarlo, scivola come l'acqua sopra un sasso, fino ai suoi fluidi contorni, ed è a casa.
Alcuni lo trovano nel luogo di nascita; altri possono andarsene, bruciati, da una città di mare, e scoprirsi ristorati nel deserto. Ci sono quelli nati in campagne collinose che si sentono veramente a loro agio solo nell'intensa ed indaffarata solitudine della città.
Per qualcuno è la ricerca dell'impronta di un altro; un figlio o una madre, un nonno o un fratello, un innamorato, un marito, una moglie o un nemico.
Possiamo vivere la nostra vita nella gioia o nell’infelicità, baciati dal successo o insoddisfatti, amati o no, senza mai sentirci raggelare dalla sorpresa di un riconoscimento, senza patire mai lo strazio del ferro ritorto che si sfila dalla nostra anima, e trovare finalmente il nostro posto.
Sono stato al capezzale dei morenti, che guardavano perplessi il dolore dei familiari mentre lasciavano un mondo dove non si erano mai sentiti a casa propria.
Ho visto uomini piangere più sconsolatamente alla morte del fratello, la cui esistenza si era un tempo intrecciata alla loro, che alla morte del figlio. Ho visto diventare madri spose che solo una volta, tanto tempo fa, erano raggianti sul ginocchio dello zio.
E ho fatto molta strada, in vita mia, procacciandomi compagni amati e sconosciuti; una moglie, un figlio e una figlia. Sono vissuto con loro, estraneo affettuoso in ambienti di una bellezza che non appaga. Abile dissimulatore, ho smussato in silenzio e con dolcezza gli spigoli del mio carattere. Ho nascosto l’imbarazzo e la pena con cui tendevo al disegno prescelto; e mi sono sforzato di essere ciò che coloro che amavo si aspettavano da me: un buon marito, un buon padre e un buon figliolo.
Fossi morto a cinquant’anni sarei stato un dottore, e un uomo politico affermato, anche se non sulla bocca di tutti. Uno che aveva fatto la sua parte, e che era stato molto amato dalla moglie afflitta, Ingrid, e dai figli, Martyn e Sally.
Alle mie esequie sarebbero intervenuti in massa coloro che nella vita avevano fatto più strada di me, e che per questo avevano onorato la mia memoria con la loro presenza. E coloro che erano convinti di aver amato l’uomo privato, che con le loro lacrime avrebbero deposto a favore delle sua esistenza.
Sarebbe stato il funerale di un uomo sopra la media, favorito dalla sorte più della maggior parte della gente. Un uomo che, all’età relativamente giovane di cinquant’anni, aveva finito il suo viaggio. Un viaggio che lo avrebbe portato di sicuro, se fosse continuato, a grandi imprese e onori.
Ma non sono morto nel mio cinquantesimo anno. E ora poche persone, tra quelle che mi conoscono, ritengono che questa non sia stata una tragedia".

The Byrds - Turn Turn Turn

giovedì 8 aprile 2010

Qoelet 3, 1-8

Per ogni cosa c`è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C`è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.