domenica 31 gennaio 2010

Il tibet perduto di Fosco Maraini











"Di quelle montagne mi è rimasto il senso dell'immensità, la grandezza smisurata. Per me il ghiacciao del Baltoro, nel Karakorum, è come un'opera di arte; io lo chiamo gli "Uffizi della montagna", ogni giorno si scopriva un nuovo capolavoro. E poi il Payu, il Gasherbrum, il K2, architetture che ricordavano cattedrali, una cosa fenomenale". Fosco Maraini

L'inconsolabile - Cesare Pavese

Uno dei "Dialoghi con Leucò" di Pavese... un brano che mi ha sempre impressionato per la devastante forza con cui riesce a parlare di morte, di rimpianto e di ricerca del proprio cammino. Buona lettura


L'inconsolabile

Il sesso, l'ebbrezza e il sangue richiamarono sempre il mondo sotterraneo e promisero a più d'uno beatitudini ctonie. Ma il tracio Orfeo, cantore, viandante nell'Ade e vittima lacerata come lo stesso Dionisio, valse di più. (Parlano Orfeo e Bacca).

Orfeo: E' andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle ombre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. S'intravvedeva sulle foglie il barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io ero ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch'è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com'era prima; che un'altra volta sarebbe finita. Ciò ch'è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avevo traversato e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai, e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi "Sia finita" e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d'un topo che si salva.

Bacca: Strane parole, Orfeo. Quasi non posso crederci. Qui si diceva ch'eri caro agli dèi e alle muse. Molte di noi ti seguono perché ti sanno innamorato e infelice. Eri tanto innamorato che - solo tra gli uomini - hai varcato le porte del nulla. No, non ci credo, Orfeo. Non è stata tua colpa se il destino ti ha tradito.

Orfeo: Che c'entra il destino. Il mio destino non tradisce. Ridicolo che dopo quel viaggio, dopo aver visto in faccia il nulla, io mi voltassi per errore o per capriccio.

Bacca: Qui si dice che fu per amore.

Orfeo: Non si ama chi è morto.

Bacca: Eppure hai pianto per monti e colline - l'hai cercata e chiamata - sei disceso nell'Ade. Questo cos'era?

Orfeo: Tu dici che sei come un uomo. Sappi dunque che un uomo non sa che farsi della morte. L'Euridice che ho pianto era una stagione della vita. Io cercavo ben altro laggiù che il suo amore. Cercavo un passato che Euridice non sa. L'ho capito tra i morti mentre cantavo il mio canto. Ho visto le ombre irrigidirsi e guardar vuoto, i lamenti cessare, Persefòne nascondersi il volto, lo stesso tenebroso-impassibile, Ade, protendersi come un mortale e ascoltare. Ho capito che i morti non sono più nulla.

Bacca: Il dolore ti ha stravolto, Orfeo. Chi non rivorrebbe il passato? Euridice era quasi rinata.

Orfeo: Per poi morire un'altra volta, Bacca. Per portarsi nel sangue l'orrore dell'Ade e tremare con me giorno e notte. Tu non sai cos'è il nulla.

Bacca: E così tu che cantando avevi riavuto il passato, l'hai respinto e distrutto. No, non ci posso credere.

Orfeo: Capiscimi, Bacca. Fu un vero passato soltanto nel canto. L'Ade vide se stesso soltanto ascoltandomi. Già salendo il sentiero quel passato svaniva, si faceva ricordo, sapeva di morte. Quando mi giunse il primo barlume di cielo, trasalii come un ragazzo, felice e incredulo, trasalii per me solo, per il mondo dei vivi. La stagione che avevo cercato era là in quel barlume. Non m'importò nulla di lei che mi seguiva. Il mio passato fu il chiarore, fu il canto e il mattino. E mi voltai.

Bacca: Come hai potuto rassegnarti, Orfeo? Chi ti ha visto al ritorno facevi paura. Euridice era stata per te un'esistenza.

Orfeo: Sciocchezze. Euridice morendo divenne altra cosa. Quell'Orfeo che discese nell'Ade, non era più sposo né vedovo. Il mio pianto d'allora fu come i pianti che si fanno da ragazzo e si sorride a ricordarli. La stagione è passata. Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi ascoltavo.

Bacca: Molte di noi ti vengon dietro perché credevano a questo tuo pianto. Tu ci hai dunque ingannate?

Orfeo: O Bacca, Bacca, non vuoi proprio capire? Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo.

Bacca: Qui noi siamo più semplici, Orfeo. Qui crediamo all'amore e alla morte, e piangiamo e ridiamo con tutti. Le nostre feste più gioiose sono quelle dove scorre del sangue. Noi, le donne di Tracia, non le temiamo queste cose.

Orfeo: Visto dal lato della vita tutto è bello. Ma credi a chi è stato tra i morti... Non vale la pena.

Bacca: Un tempo non eri così. Non parlavi del nulla. Accostare la morte ci fa simili agli dèi. Tu stesso insegnavi che un'ebbrezza travolge la vita e la morte e ci fa più che umani... Tu hai veduto la festa.

Orfeo: Non è il sangue ciò che conta, ragazza. Né l'ebbrezza né il sangue mi fanno impressione. Ma che cosa sia un uomo è ben difficile dirlo. Neanche tu, Bacca, lo sai.Bacca: Senza di noi saresti nulla, Orfeo.

Orfeo: Lo dicevo e lo so. Ma poi che importa? Senza di voi sono disceso all'Ade...

Bacca: Sei disceso a cercarci.

Orfeo: Ma non vi ho trovate. Volevo tutt'altro. Che tornando alla luce ho trovato.

Bacca: Un tempo cantavi Euridice sui monti...

Orfeo: Il tempo passa, Bacca. Ci sono i monti, non c'è più Euridice. Queste cose hanno un nome, e si chiamano uomo. Invocare gli dèi della festa qui non serve.

Bacca: Anche tu li invocavi.

Orfeo: Tutto fa un uomo, nella vita. Tutto crede, nei giorni. Crede perfino che il suo sangue scorra alle volte in vene altrui. O che quello che è stato si possa disfare. Crede di rompere il destino con l'ebbrezza. Tutto questo lo so e non è nulla.

Bacca: Non sai che farti della morte, Orfeo, e il tuo pensiero è solo morte. Ci fu un tempo che la festa ci rendeva immortali.

Orfeo: E voi godetela la festa. Tutto è lecito a chi non sa ancora. E' necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno. L'orgia del mio destino è finita nell'Ade, finita cantando secondo i miei modi la vita e la morte.

Bacca: E che vuol dire che un destino non tradisce?

Orfeo: Vuol dire che è dentro di te, cosa tua; più profondo del sangue, di là da ogni ebbrezza. Nessun dio può toccarlo.

Bacca: Può darsi, Orfeo. Ma noi non cerchiamo nessuna Euridice. Com'è dunque che scendiamo all'inferno anche noi?

Orfeo: Tutte le volte che s'invoca un dio si conosce la morte. E si scende nell'Ade a strappare qualcosa, a violare un destino. Non si vince la notte, e si perde la luce. Ci si dibatte come ossessi.

Bacca: Dici cose cattive... Dunque hai perso la luce anche tu?Orfeo: Ero quasi perduto, e cantavo. Comprendendo ho trovato me stesso.

Bacca: Vale la pena di trovarsi in questo modo? C'è una strada più semplice d'ignoranza e di gioia. Il dio è come un signore tra la vita e la morte. Ci si abbandona alla sua ebbrezza, si dilania o si vien dilaniate. Si rinasce ogni volta, e ci si sveglia come te nel giorno.

Orfeo: Non parlare di giorno, di risveglio. Pochi uomini sanno. Nessuna donna come te, sa cosa sia.

Bacca: Forse è per questo che ti seguono, le donne della Tracia. Tu sei per loro come il dio. Sei disceso dai monti. Canti versi di amore e di morte.

Orfeo: Sciocca. Con te si può parlare almeno. Forse un giorno sarai come un uomo.

Bacca: Purché prima le donne di Tracia...

Orfeo: Di'.

Bacca: Purché non sbranino il dio.

sabato 30 gennaio 2010

Il tuo disordine - Mariangela Gualtieri

Sento il tuo disordine
e lo comparo al mio. C’è
somiglianza. C’è lo stesso slabbro
di ferite identiche. C’è tutta la voglia
di un passo largo in una terra
sgombra che non troviamo.
Sento il tuo respiro schiacciato
lo sento somigliante
ti sento piano morire
come me che non controllo
l’accensione del sangue.

Anch’io cerco una libertà che mi
sbandieri, una falcata
perfetta, uno stacco d’uccello
dal suo ramo, quando si butta
improvviso e poi plana.

Fire and ice - Foto dal mondo










































































































Fuoco e ghiaccio... Una serie di foto che raccontano di unioni e contrasti... tratte da alcune dei più bei siti di fotografia internazionali

Libertà - Paul Eluard

Su i quaderni di scolari
su i miei banchi e gli alberi
su la sabbia su la neve
scrivo il tuo nome

su ogni pagina che ho letto
su ogni pagina che è bianca
sasso sangue carta o cenere
scrivo il tuo nome

su le immagini dorate
su le armi dei guerrieri
su la corona dei re
scrivo il tuo nome

su la giungla ed il deserto
su i nidi su le ginestre
su la eco dell'infanzia
scrivo il tuo nome

su i miracoli notturni
sul pan bianco dei miei giorni
le stagioni fidanzate
scrivo il tuo nome

su tutti i miei lembi d'azzurro
su lo stagno sole sfatto
e sul lago luna viva
scrivo il tuo nome

su le piane e l'orizzonte
su le ali degli uccelli
e il mulino delle ombre
scrivo il tuo nome

su ogni alito di aurora
su le onde su le barche
su la montagna demente
scrivo il tuo nome

su la schiuma delle nuvole
su i sudori d'uragano
su la pioggia spessa e smorta
scrivo il tuo nome

su le forme scintillanti
le campane dei colori
su la verità fisica
scrivo il tuo nome

su i sentieri risvegliati
su le strade dispiegate
su le piazze che dilagano
scrivo il tuo nome

sopra il lume che s'accende
sopra il lume che si spegne
su le mie case raccolte
scrivo il tuo nome

sopra il frutto schiuso in due
dello specchio e della stanza
sul mio letto guscio vuoto
scrivo il tuo nome

sul mio cane ghiotto e tenero
su le sue orecchie dritte
su la sua zampa maldestra
scrivo il tuo nome

sul decollo della soglia
su gli oggetti familiari
su la santa onda del fuoco
scrivo il tuo nome

su ogni carne consentita
su la fronte dei miei amici
su ogni ramo che si tende
scrivo il tuo nome

sopra i vetri di stupore
su le labbra attente
tanto più su del silenzio
scrivo il tuo nome

sopra i miei rifugi infranti
sopra i miei fari crollati
su le mura del mio tedio
scrivo il tuo nome

su l'assenza che non chiede
su la nuda solitudine
su i gradini della morte
scrivo il tuo nome

sul vigore ritornato
sul pericolo svanito
su l'immemore speranza
scrivo il tuo nome

e in virtù d'una parola
ricomincio la mia vita
sono nato per conoscerti
per chiamarti
libertà.

martedì 26 gennaio 2010

Benvenuti!

"Beata la bontà senza clamore, senza declamazione, dentro a una cittadinanza contadina, a una contadinanza. Beate le mani impastate di farina o d’olio grasso, le mani millenarie, l’odore di zolle sporche di radici, di camicie stirate a fresco, di pavimenti tirati a lucido; l’odore di ripostigli, di nascondigli, di muffa... da sonnecchiare, di tegami. L’odore dell’odore. Ventosa impermanenza, luccicanza."
Mariangela Gualtieri


Da molto tempo riflettevo sulla possibilità di creare una sorta di archivio delle cose che amo, di quelle cose che per me risplendono senza possibilità di venir opacate dal tempo.
Frammenti di cose belle, provviste da accumulare per i giorni in cui vivere appare difficile...
Spero che qualcuno possa ritrovarcisi, qualcun altro scoprire qualcosa di nuovo, che qualcuno si arrabbi e abbia qualcosa di ridire, che a qualcun altro venga semplicemente voglia di fare un sorriso. A tutti, benvenuti!